Terra Nostra - Un cuore di cucina - Senza zucchero e senza farina - Alcentrodelpiatto®

Terra Nostra

Un cuore di cucina

Una lista, sei mesi e l’odore di una cappa fin troppo ben funzionante a profumarti casa. Inizia tutto così, tra me e loro di Terra Nostra.

Si, avete intuito bene, dopo sei mesi trascorsi nella mia nuova casa, finalmente mi sono decisa a provare uno dei ristoranti che da tempo avevo inserito nella mia lista di posti da sperimentare.

Non so se a convincermi finalmente è stata la totale assenza di voglia di cucinare, la sua vicinanza al mio adorato portone o più semplicemente il senso di colpa per aver provato posti a 30 minuti di macchina invece che loro che sono solo a qualche passo – e non si fa tanto per dire. Si, sono la solita pigra, e vi do ragione. Ma come si suol dire: tutto bene quel che finisce bene. E questo è proprio il caso di dirlo.

Pareti gialle e aria di casa, così vengo accolta qui da Terra Nostra.

Ma del resto l’insegna non lasciava molto spazio alla fantasia: “cucina tipica Ausoni-Lepini”, cosa aspettarsi dunque?

Due giovani fanciulli mi fanno accomodare, leggermente stupiti dal dover riservare il tavolo ad una fanciulla sola – cosa fa la modernità, eh?!

Comunque, io con il mio passo felpato da gazzella appesantita per un pranzo decisamente fin troppo abbondante, mi faccio strada e mi accomodo. Un tavolo da due che rapidamente diventa da uno, il mio. Potevo scegliere, e ho scelto quello davanti la cucina – potevo fare altrimenti?

Mi avevano parlato di carne di bufala, e così all’arrivo del menu mi precipito nel cercarla. Prima, seconda, terza pagina. Trovata! Bufalina, un nome una garanzia. Non ho dubbi, la mia ordinazione arriva alla velocità della luce. Una combinazione di contorni, poi, per non offendere l’intera generazione ai fornelli, e si parte.

Neanche dieci minuti dopo la mia forchetta stava affondando i suoi lembi in quello che sarebbe stato uno spezzatino stra-buono e stra-morbido. Non ci credo, fantastico. Saporito, tenero, gustoso e con tanto di guazzetto in cui perdere l’indiscussa scarpetta.

“Tutto bene, le piace?” sento in sottofondo mentre circumnavigo con un pezzo di pane il bordo del tegamino di coccio. “Si, molto” è l’unica cosa che riesco a dire, e vado avanti.

Verdura ripassata e patate al forno mi accompagnano in questo viaggio della tradizione, e come se niente fosse, mi sembra di essere a cena da mia nonna.

Sarà stato forse proprio per il suo ricordo che, dopo essermi presa qualche minuto, decido di regalarmi come ultima coccola una torta della nonna.

Rimango in trepidante attesa del suo arrivo, fin quando non arriva. Già, anche stavolta tra me e il dolce non sono scintille.

Una discreta torta della nonna, con decisamente troppo zucchero a velo sopra e una frolla sotto la media. Buona la crema, ma raggiunge la sufficienza – come direbbe una persona a me cara – mancava il “cuore”.

Nonostante tutto, però, non posso certamente lamentarmi di quest’esperienza. La cucina, nel suo complesso, è una buona proposta con una buona esecuzione. Niente di impegnativo o elaborato, semplicemente buono.

Sebbene il locale si presenti modesto, senza particolari pretese, e con uno stile semplice, il servizio invece è fin quanto sopra la media.

Capiamoci, parliamo sempre di giovani uomini con jeans e polo aperte sopra scarpe da ginnastica. Ma, se è vero che non bisogna giudicare un libro dalla copertina, è altrettanto vero che non bisogna giudicare questi camerieri per il loro outfit.

A stupirmi, infatti, è stato proprio il loro operato che si è dimostrato, sebbene semplice, attento, preciso e puntuale.

La casa di Terra Nostra è evidentemente una solida realtà a conduzione famigliare, dove Luigi – mi sembra di aver intuito sia questo il suo nome, detiene il controllo della sala, mentre il papà e il resto della famiglia guidano con sintonia la cucina.

Nonostante fossi sola, ho trascorso questa serata in ottima compagnia. Dal mio posto in prima fila davanti la cucina, dove quindi ero già un po’ a casa, ho potuto fare amicizia con le risate di una brigata evidentemente decennale, godendo del loro spirito positivo e collaborativo che evaporava da quella porticina.

La cosa che più di tutte mi ha colpita, però, osservando con piacevole curiosità i personaggi di questa storia, è stato l’amore.

Se ho bevuto una pozione magica? No, solo un po’ di limoncello.

Spesso, quando siamo in un ristorante, specie se il locale è pieno o quasi, la sensazione che si ha è di essere circondati da personale che, per quanto educato e/o competente, sta solo svolgendo il suo lavoro. Difficilmente, infatti, si ha la sensazione di veder lavorare persone che ci mettono il cuore. Persone che sono felici nel servire i propri clienti, e la cui felicità va al di là dell’estratto conto a fine mese.

Sarà che qui si conoscono tutti, sarà che qui la linea tra cliente e dipendente è decisamente labile, sarà che la loro composta spontaneità sa metterti a tuo agio, ma trovo che questa sia una rarità onorevole e commovente. Ed io voglio premiarla.

Così, in poco più di sessanta minuti mi sono sentita avvolta dal calore di “casa”, oltre che con la pancia piena.

E’ un peccato che non fosse la serata migliore in cui fare domande, ma “perché proprio il giallo” è una di quelle che mi preme fare da quando mi sono seduta.

Ad ogni modo, ho giusto un paio di cose che sono molto curiosa di assaggiare, il che mi porta a due ottimi motivi per scegliere di tornare…non trovate?!

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By Federica Vitali

Food Blogger

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